Conclusa con i Vespri di oggi, celebrati come consueto alla Basilica di S. Paolo fuori le mura, la settimana per l’unità dei cristiani, cui apice è il giorno della commemorazione della conversione di S.Paolo. “Saulo, Saulo perché mi perseguiti…” è l’interrogativo radicale e profondo con cui ns Signore si rivolse a Saulo nel deserto, da sempre luogo simbolico dell’incontro con Dio. Deserto anzitutto del nostro spirito, dove, al cospetto del Nulla, Dio interroga con un semplice “Perché?”. Ma è il “Perché?” di Dio e dunque scuote le fondamenta dell’io perché pone, al tempo stesso, all’uomo, l’interrogativo su di sé e sulla propria vita, sul senso, sul significato. Non quelli occasionali, ma sul senso e sul significato ultimi. La domanda perciò implicante l’ermeneusi più profonda. Saulo cade cieco, di una cecità prim’ancora che fisica, spirituale, ovvero la privazione di ogni riferimento precedente, di tutti i riferimenti della propria vita, perciò barcollante, condotto da altri. “Il” Riferimento nuovo costruisce ipso facto l’uomo nuovo: Paolo. Un Nuovo dove vecchio e nuovo sono sussunti in una nuova realtà proiettata in una dimensione nuova: la conversione è così unità ed unificazione. Essa è però anzitutto Dono, Dono dello Spirito, di Dio, che solo può dare l’unità nella diversità, sia a livello del singolo che della società, e fare della diversità una ricchezza. Già Papa Ratzinger osservava come, viceversa, il Nemico agisca in senso contrario diffondendo ciò che gli è proprio: la divisione senza unità, ovvero il proprio spirito, quello di divisione. Esso, notava ancora Benedetto XVI, è frutto del peccato – anzitutto della superbia – ed a sua volta genera altro peccato in un ciclo vizioso. E’ quanto ribadisce Papa Francesco: “L’unità dei cristiani è un dono dello Spirito, della preghiera di tutti e dell’impegno comune di tutti. (…) Perché alla fine, l’unità dei cristiani non avviene mica così, quasi per un miracolo di “magia” (…) L’ Unità è un dono dello Spirito e c’è se tutti ci impegnamo a pregare insieme, a fare un cammino insieme, se lavoriamo insieme (…) Se capiamo che la diversità è una ricchezza…” Ma il cammino è, e resta, un cammino arduo e difficile, come del resto la stessa vita di S. Paolo dimostra: in seno alle stesse prime comunità cristiane i dissidi furono a volte anche assai aspri, specie per quanto concerne il problema della circoncisione, oggi con linguaggio moderno sarebbe opportuno dire circa il l’univocità del modello socio culturale, un problema tutt’altro che definitivamente appartenente al passato. Si può anzi dire che ciò che ha connotato le prime comunità cristiane è stata proprio la capacità di conservare l’unità nelle diversità, a differenza di quelle successive in cui purtroppo la divisione è stata l’esito. Quel che è peggio, è che, nella storia, specie dopo l’editto di Costantino (oggi riconosciuto come un falso), è prevalso lo spirito di antagonismo, cioé di divisione. E, bisogna essere onesti, non solo da parte dei cattolici. E’ solo in tempi vicini, in particolare a partire dal pontificato di Papa Giovanni XXIII, che è stato sentito con forza lo scandalo della divisione e che ci si è impegnati con forza in un senso ecumenico. L’impegno forte è venuto, oltre che da parte dello stesso Papa Giovanni, da parte di tutti i Pontefici successivi: Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, ma anche da Ordini (vanno ricordati in particolare i Francescani ed i Gesuiti), e Comunità (segnatamente quella di Bose e di S. Egidio). E’ accaduto così che abbiano anche assunto significato simbolico due luoghi: Assisi e la Basilica di S. Paolo fuori le mura, dove oggi di nuovo, dopo una sosta in preghiera alla tomba dell’ Apostolo delle Genti, il Papa ha celebrato i solenni Vespri per la chiusura della settimana dell’unità dei cristiani.
francesco latteri scholten.