Dopo l’inchino della statua della Madonna al boss, la cacciata del giornalista che ha dato la notizia dalla chiesa: “Cacciate a schiaffi il giornalista della notizia dell’inchino della Madonna al boss…” A soli 15 giorni dalla decisa scomunica dei mafiosi da parte di Papa Francesco, é così che ha esordito dal pulpito per l’omelia Don Benedetto Rustico, parroco di Oppido Mamertina, contro il giornalista e cronista de “Il Fatto Quotidiano”, Lucio Musolino – cui va tutta la solidarietà di chi scrive -, ch’era presente in Chiesa. Benzina sul fuoco dell’inchino della statua della Madonna davanti casa di Giuseppe Mazzagatti, ritenuto capo dell’omonima cosca di Oppido Mamertina. Se, da un lato c’è stata l’immediata condanna sia del Vicepresidente della CEI, Mons. Angelo Spinillo, “istigazione non cristiana e non civile”, così come quella di Salvatore Nunnari, Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, dall’altra, come si evince anche dalle oneste parole dello stesso Mons. Spinillo a “il Fatto Quotidiano”: “Sinceramente si rimane molto perplessi di fronte alla divulgazione di notizie che portano alla conoscenza di tutti di avvenimenti che non sono quelli che la Chiesa vorrebbe, soprattutto quando si istiga ad azioni contro le persone e contro la verità dei fatti. Si possono avere opinioni diverse, – sottolinea ancora il vicepresidente della Cei – magari condizionate da una tradizione che non riusciamo ancora a superare, ma non è possibile che ci siano forme di istigazione di questo tipo che non sono né cristiane e né civili, e che minano il rispetto del ruolo e della persona”. Ed è purtroppo vero: una tradizione che non si riesce ancora a superare; ma proprio queste parole trovano un immediato parallelismo con le dichiarazioni del Sindaco di Oppido Mamertina, – anch’egli immediatamente distanziatosi – Domenico Giannetta: “A noi pare che sia stata ripetuta una gestualità che va avanti da 30 anni…”. Insomma, la seconda grande, oscura e tenebrosa ombra della storia italiana, quella dei rapporti Chiesa / mafia, peraltro sempre intrecciata con la prima, quella del rapporto Stato / mafia, il fantasma di De Pedis sepolto in S. Apollinare (rimosso grazie all’impegno civico di molti e dell’ex sindaco di Roma Walter Veltroni). Da qui la richiesta più adeguata pare essere quella duplice di Giancarlo Caselli, risposta ferma e decisa sia dello Stato che della Chiesa. Da parte dello Stato un provvedimento immediato di scioglimento della Giunta Comunale, da parte della Chiesa ferma condanna e distanziamento, ma, soprattutto, vicinanza e sostegno pieno a Papa Francesco ad alla sua scomunica. In proposito infatti l’ex Capo della Procura di Palermo ribadisce: “Le coscienze dopo la scomunica di Bergoglio non si sono ancora risvegliate. Sarebbe opportuno che tutti i parroci, dell’Italia intera, ripetessero ogni domenica questa scomunica. È importante che la Chiesa non ceda, che non faccia passi indietro (…). Guai se l’inchino fosse accettato. E (…), auspico che faccia la stessa cosa lo Stato.” Ed in proposito Caselli sottolinea l’importanza del segnale proveniente dalla rivolta (alla scomunica di Papa Francesco, ndr) dei carcerati per ndrangheta nel carcere di Larino, segnale che non va disinterpretato: “Verrebbe da dire che i boss della ’ndrangheta rifiutando la messa accettano la scomunica, magari si pentono. Ma non è così. È una ribellione. Ribadiscono la loro mafiosità. Pretendono di continuare a uccidere, rubare e trafficare droga senza essere condannati come “peccatori”. È una sfida a chi offre una cultura alternativa alla loro violenza. Indicano papa Francesco come nemico e lo sfidano perché non vuole essere loro complice, distinguendosi da una certa Chiesa del passato, spesso prigioniera di un agire troppo timoroso se non connivente.”
francesco latteri scholten