Molte sono le descrizioni dell’Inferno giunte sino a noi, e certamente quella di Dante è la più pittoresca e nota. Man mano che ci si immerge nelle sue profondità e ci si avvicina all’ angelo caduto il sommo poeta ne delinea con maggior chiarezza la natura: regno di discordia di caos e di odio, antipode alla “Città di Dio”. “Raphèl maì amècche zabì abni” esclama alla vista di Dante e Virgilio, Nembrot il gigante della torre di Babele in lingua ormai priva di significato e barriera alla comunanza ed alla comprensione reciproca. E, giunti nella fossa grande, oscura, tenebrosa e terribile di Cocito non vi è più fuoco e fiamme bensì ghiaccio: “Per ch’io mi volsi, e vidimi davante e sotto i piedi un lago che per gelo avea di vetro e non d’acqua il sembiante…” (Inferno, XXXII, 22-24). E’ una descrizione coincidente con quella del 1820 di Anna Katharina Emmerich, la Santa stimmatizzata nata a Flamske l’ 8 settembre 1774: “…Ricevetti l’impressione di essere giunta in una località terribile. Discesi attraverso i sentieri di un deserto di ghiaccio, sempre più scuri e ghiacciati, avvolti in una profonda oscurità, come in una notte eterna. Il centro dell’abbisso aveva la forma di una roccia gigantesca, illuminata da una luce metallica, terribile e nera. Serviva da ingresso un portone immane e scuro, spaventoso, chiuso con catenacci e chiavistelli incandescenti che stimolavano una sensazione di orrore. Improvvisamente udii un ruggito, un urlo orrendo, il portone fu aperto ed apparve un mondo terribile e sinistro, esatto contrario della Gerusalemme celeste. Tutto portava il marchio della maledizione della sofferenza e delle pene, nella discrepanza, nella disarmonia, immerso nella rabbia e nella disperazione (…) Una realtà connotata dall’eterno dilaniante disaccordo dei dannati. Tutti gl’errori umani e le bugie erano concentrati in questo stesso luogo ed apparivano in innumerevoli rappresentazioni di sofferenze e pene: niente era giusto. Qui vidi delle colonne di un tempio tenebroso ed orribile…” Alla visione infernale la Santa allega quella della lotta tra gl’angeli buoni ed i ribelli come nell’ Apocalisse: “E vi fu guerra: Michele con i suoi angeli ingaggiò battaglia con il dragone; questo combatté insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero. Fu infatti scacciato il grande dragone, il serpente antico, quello che è chiamato diavolo e satana, colui che inganna tutta la terra… (Ap. 12, 7-10)”. Sia nell’Apocalisse che nelle visioni della Santa Lucifero è gettato ed incatenato nell’abbisso: “Quindi vidi discendere dal cielo un angelo con in mano la chiave dell’ Abbisso e un grossa catena. Afferrò il dragone (…) e lo incatenò per mille anni. (Ap, 20, 1-2)”. A questa visione Santa Anna Katharina Emmerich connette quella di due visioni profetiche: la prima è quella della data della “liberazione” di Lucifero, che è collocata “50 o 60 anni prima del duemila dopo Cristo”, la seconda (del 2 settembre 1822), temporalmente coincidente con essa, è quella in cui è nitidamente tratteggiata l’immagine e l’operato di Adolf Hitler: “Giunsi in alto, in un giardino sospeso nell’aria, dove vidi librarsi tra settentrione e l’oriente, come il sole all’orizzonte, la figura di un uomo con un viso lungo e pallido. Il suo capo sembrava coperto con un berretto a punta. Era avvolto da fasce e aveva un cartello sul petto. Non ricordo però cosa c’era scritto. Portava la spada avvolta in fasce colorate e si librava sulla terra lentamente ed a intermittenza, come i piccoli voli di un piccione. Poi si liberò dalle bende. Mosse la spada qua e là e gettò le bende sulle città sonnolente che furono avvolte come da un cappio. Insieme alle bende caddero pure pustole e vaiolo sull’Italia, la Spagna e la Russia. Avvolse poi con un cappio rosso anche Berlino; il cappio si estese fin qui da noi. Poi vidi la sua spada nuda, sull’elsa pendevano bende insanguinate e da queste grondava sangue nella nostra regione”.
francesco latteri scholten.