Giorno di lutto per la Filosofia contemporanea. Umberto Eco, a livello mondiale riconosciuto ed apprezzatissimo fondatore della Semiotica contemporanea con “La Struttura assente” (1968) e, soprattutto, il “Trattato di Semiotica generale” (1975) ed attento studioso di Filosofia Medioevale e di San Tommaso d’Aquino (è suo “Il problema estetico in Tommaso d’Aquino” ), ci ha lasciati. Nato ad Alessandria nel 1932, emerito Ordinario di Semiotica e della Scuola Superiore di Studi Umanistici presso l’Università di Bologna, a dispetto della notorietà e dei riconoscimenti internazionali, è praticamente misconosciuto in Italia sino alla pubblicazione, 1980, del suo primo romanzo: “Il nome della rosa”, premio Strega 1981. L’opera che deve il suo titolo ad un verso del “De contemptu Mundi” di Bernardo Morliacense, monaco benedettino del XII secolo, è punto di confluenza degli studi di Eco, che all’ombra – ma non troppo – di un avvincente “giallo” intreccia il dibattito fondamentale sia religioso che laico dell’epoca, quello sul “Nominalismo”: ciò che ci rimane di tutte le cose, le più grandi città, gl’uomini famosi, le più belle donne, sono solo nomi. E’ la versione mediovale del dibattito che attraversa tutta la storia della Filosofia dal suo nascere ad oggi. E’ il racconto del Medio Evo per bocca di un cronista dell’epoca ed è un “giallo” perché, al pari della Metafisica, “il racconto poliziesco rappresenta una storia di congettura allo stato puro” (u. Eco). Nell’opera, come in tutti i successivi romanzi di Eco affluisce a mano larga lo studio semiotico: il fluire della trama è dato infatti proprio dai “codici” medioevali e dall’intreccio dei vari sensi e significati interpretativi dell’epoca. Lo scritto è scorrevole ed avvincente ed il lettore è proiettato nella realtà monastica medioevale, nel “tempo” medioevale, tutto scandito, dall’alternanza tra tempo sacro (dal “mattutino” a “compieta”, alle festività) e tempo profano, così come anche lo spazio è diviso in sacro (il luogo della preghiera) e profano. “Il nome della rosa” è affascinante ed Umberto Eco è catapultato anche finalmente da noi a quel primissimo piano che gli spetta e che a livello mondiale già gli era riconosciuto. Sul piano filosofico e storico letterario, tra gl’altri romanzi, il più significativo è senz’altro “Il pendolo di Foucault” del 1988. L’interesse per la Semiotica non ha mai tuttavia abbandonato Eco, così escono nel 1984 “Semiotica e filosofia del linguaggio”, nel 1990 “I limiti dell’interpretazione”, nel 1993 “La ricerca della Lingua perfetta” e, nel 2002, “Sulla letteratura”. L’interesse alla delineazione psicologica e psico fisica, quello civico politico e quello, perché no? cospirativo già decisamente presenti ne “Il nome della rosa” e nel Pendolo di Foucault” connotano con decisione l’ultimo ed importante romanzo: “Il cimitero di Praga”. Ma, “fa freddo nello scriptorium, il pollice mi duole. Lascio questa scrittura, non so per chi, non so più intorno a che cosa: stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus…”
francesco latteri scholten.