E’ una vergogna, non vi sono altre parole per definire l’ormai sistematico modo di gestire i Consigli comunali di Acquedolci.
Convocati in extremis nei fine settimana, – in “strani” orari antimeridiani che impediscono alle persone che lavorano di assistere ai lavori, – quando il Comune è chiuso ed i consiglieri non sono messi nella possibilità di consultare gli atti inerenti agli argomenti posti all’ordine del giorno…
E poi ormai sistematicamente disertati dalla maggioranza e rinviati al giorno dopo, fregandosene degli impegni che possono avere i consiglieri, dei permessi che devono prendere sul posto di lavoro e dei costi impliciti relativi alle stesse assenze nei posti di lavoro.
E finalmente si arriva ai consigli, con innumerevoli argomenti in programma, molti dei quali ormai vecchi di mesi, perchè non inseriti “inspiegabilmente” negli ordini del giorno dei pregressi consigli da parte del Presidente del consiglio, il quale si è arrogato il diritto di stabilire se una interrogazione o una mozione abbia i requisiti per essere trattata.
Di tale “discrezionalità” si aspetta ancora un chiarimento “definitivo” da parte dell’Assessorato regionale agli Enti locali e/o degli altri Organi investiti della questione che tra iniziali reprimende, richieste di chiarimenti, archiviazioni e riaperture, sta ormai assumendo i connotati di una farsa.
E quando si arriva alla seduta consiliare vengono trattati gli argomenti arbitrariamente posti ai primi punti all’ordine del giorno da parte del Presidente, che interessano il Sindaco e la sua maggioranza e poi si abbandona l’aula magari quando ha la parola un consigliere della minoranza che si accinge a presentare una interrogazione, mettendo in evidenza oltre che una mancanza di rispetto istituzionale anche una carenza del senso civico e del rispetto umano.
E intanto il paese è in uno stato di abbandono e di degrado senza precedenti, oltre che di grave stagnazione economica. E le promesse elettorali relative alla modifica del piano regolatore come condizione di sviluppo economico, rimangono un vago ricordo.
Giuseppe Scaffidi Fonti